il comitato Salviamo le Cicogne

La nostra storia

Siamo donne dalla vita comune, con un lavoro, una famiglia, nessun privilegio politico da difendere, che un giorno del 2015 si sono meravigliate e allarmate quando hanno sentito parlare di chiusura dei punti nascita di montagna. Perché non occorreva una specializzazione o una militanza politica per capire che non si può lasciare senza assistenza al parto un territorio che si estende per oltre un terzo dell’intera superficie provinciale e per sapere che le donne che stanno per partorire non possono fare un percorso di un’ora e quaranta minuti di strade tortuose, spesso ghiacciate. Eppure “lor signori” ci spiegavano che era per il nostro bene.

Abbiamo così iniziato una raccolta firme con banchetti in tutte le piazze dei centri montani arrivando a raccoglierne oltre 10 mila. Abbiamo aperto una pagina Facebook e abbiamo tenuto informata la gente, coinvolgendola in diversi viaggi a Bologna per spingere l’assessore Venturi ed il presidente Bonaccini a chiedere la deroga istituita appunto nel 2015.

La sera del 26 luglio, giorno di Sant’Anna protettrice delle partorienti e nome dell’ospedale di Castelnovo ne’ Monti, abbiamo organizzato una fiaccolata con oltre 2 mila persone.

Dopo la chiusura del punto nascita decisa il 4 ottobre 2017 i politici che fino a quel momento avevano condiviso l’iniziativa hanno preso le distanze e considerata chiusa la questione, arrivando ad interdire le iniziative di ricorso e di riesame che chiedevamo. Nonostante il tentativo di rimozione il comitato ha tenuto la posizione e l’8 giugno 2018 abbiamo presentato un appello ai partiti e agli amministratori per sollecitare una riconsiderazione della Regione: fu sottoscritto da M5S, Lega, dal vicepresidente della Camera dei Deputati on. Spadoni, e fu rifiutato dal Sindaco Bini, il quale chiese agli altri sindaci di non intervenire e con l’on. Incerti e con il responsabile del PD montagna Tirelli fece barriera contro ogni iniziativa verso la Regione affermando che occorreva rivolgersi altrove.

Questo strappo degli amministratori locali con il comitato e i cittadini di montagna in difesa di Bonaccini ha caratterizzato la politica fino ad oggi per il fermo ostracismo nei confronti del comitato, considerato al pari di un nemico da combattere.

Noi non ci siamo mai perse d’animo e comprovando la piena indipendenza da qualsiasi partito o forza politica abbiamo proseguito il nostro cammino di lotta recandoci due volte a Roma presso il Ministero della Sanità e il CPNn, e a Bologna per incontrare il presidente Bonaccini e l’assessore Venturi. In questi contesti abbiamo prodotto “Il libro bianco” e la documentazione per la revisione del parere ministeriale.

Alle elezioni amministrative del 2019 il comitato ha deciso di fondare una propria lista civica indipendente da qualsiasi partito, aperta ai cittadini volontari, con l’intento di entrare nel consiglio comunale per poter continuare la lotta per la riapertura anche attraverso il canale istituzionale.

Il comitato vive della passione dei propri volontari, non ha soldi e le poche iniziative onerose sono state tutte autofinanziate.

Quel che facciamo lo ricaviamo dal nostro tempo dedicato al lavoro e alla famiglia, lo curiamo con il nostro impegno e affetto per la causa del punto nascita affinché un giorno possa tornare a vivere e far rinascere la montagna. Noi non ci arrendiamo alla mancanza d’aria ed al grigiore di una politica malata che ha sostituito i grandi ideali con la disciplina di partito e che addestra le persone all’ipocrisia dei valori condizionati agli schieramenti.

La nostra è una battaglia di civiltà.


La nostra è una battaglia di civiltà


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: