Ancora una volta la macchina del consenso si muove per preparare il terreno ai tagli della sanità a partire dai punti nascita, usando la doccia fredda delle prime pagine dei giornali come si trattasse della bomba alla stazione di Bologna.
La Gazzetta di Reggio titola a tutta pagina quello che è stato il leitmotiv della coppia Bonaccini-Venturi nel 2017: chiudere i punti nascita per la sicurezza di madri e neonati.
Andando poi a leggere l’intervista al primario di ginecologia si scopre che fa riferimento a morti in utero (quindi non di parto) diminuite rispetto a tre anni fa: ma il punto nascita di Castelnovo Monti, che è l’unico ufficialmente soppresso, è chiuso da cinque anni. Questo confronto quindi non è chiaro a cosa si riferisce, come è stato fatto e perché prima morivano di più, che ci sembra un fatto su cui indagare bene, magari con una indagine esterna.
Poi nella stessa intervista il primario parla di riaprire Guastalla perché sfavorito rispetto a Scandiano per la lontananza geografica!
Allora ESISTE un problema di lontananza!
Ma quando il giornalista rileva la cosa la risposta è subito minimizzante: un parto all’anno in ambulanza e tutti molto positivi!
Allora perché riapri Guastalla??? Allora perché non andiamo tutti a partorire a Modena o a Bologna?!!
Questa è la riprova che chi gestisce il servizio, gestisce anche i dati, la loro classificazione e la loro divulgazione, allarmando o sorvolando sui rischi attraverso criteri e preferenze conformi al proprio modo di pensare, alla propria comfort zone.
Non è così che si fa cara AUSL e Regione, invece di usare i dati a vostro piacere abbiate la decenza di presentarli completi, disaggregati per zona e in sequenza, riferiti all’arco temporale degli ultimi 15 anni, ovvero a partire da prima delle attuali grandi manovre.
Altrimenti ci troviamo di fronte alla ripetizione di quanto è successo nel 2017, quando si condizionò il parere ministeriale inviando a Roma dati distorti sia sui km di distanza sia sul personale, facendolo figurare come personale in prestito e non personale dipendente di una unica AUSL provinciale. Inoltre per accreditare la tesi che più grande è il punto nascita e più c’è sicurezza, tesi che serve a giustificare le chiusure provinciali e la costruzione megalomane del MIRE, vennero citate pubblicazioni americane che poi siamo andati a leggere: non solo quelle pubblicazioni non sostenevano questa tesi di stampo industriale, ma addirittura una di queste rilevava esattamente il contrario, trovando maggiori complicanze al parto in grandi strutture con alto numero di parti (Lasswell SM et al. Perinatal regionalization for very low-birth-weight and very preterm infants: a meta- analysis. JAMA 2010; 304:992-1000).
Tanto per diradare i fumi creati apposta per far confusione, vogliamo ricordare che a Castelnovo ne’ Monti operavano gli stessi ginecologi del Santa Maria Nuova, rispondeva in tutto ai requisiti richiesti dalla legge per quanto riguarda i punti nascita di primo livello, anzi era l’unico ospedale oltre a quello di Reggio ad essere dotato anche di terapia intensiva, e ha salvato molte vite di mamme e bambini prestando assistenza prima e durante il parto con grande professionalità e qualità della degenza, quest’ultima ben diversa dalla congestione di altri ambienti.