Un fiocco rosa sul cofano dell’ambulanza e il testo che dice: “La piccola Mirha aveva fretta e ha deciso di nascere in ambulanza”. Il problema era la fretta di Mirha e non la mancanza di un punto nascita in montagna!
Ben poche notizie arrivano alla popolazione di questi parti in emergenza, assolutamente fuori sicurezza, e quando arrivano sono divulgate sempre come notizie liete, quasi divertenti, spesso elogiando la bravura del personale sanitario.
Perché ci vogliono abituare a pensare che tutto questo sia normale, normale che una DONNA e il suo bambino siano anche a due ore di macchina dalla prima sala parto, normale aver chiuso il punto nascita più sicuro in provincia dopo quello di Reggio, l’unico inquadrato in un ospedale che ha la rianimazione ed i cui medici preparati con corsi di rianimazione neonatale.
Normale anche essersi mostrati pentiti e con lacrime da coccodrillo per aver sbagliato nel chiudere tutti i punti nascita in montagna, aver promesso la riapertura immediata, e poi non aver ancora riparato al torto, senza spendere più una parola sull’argomento.
Normale anche che all’incontro con i dirigenti dell’Ausl il sindaco abbia ritenuto non dover parlare in quella sede della riapertura del punto nascite e normale la risposta della dottoressa Marchesi che si è nascosta dietro la frase: “sul punto nascita ha già detto tutto il sindaco”.
Normale che alla nostra domanda di poter leggere il fantomatico studio di fattibilità nessuno abbia risposto.
A questa normalità tombale noi non ci allineiamo e continuiamo la nostra battaglia, ormai al settimo anno dalla prima raccolta di 11 mila firme in difesa del punto nascita del Sant’Anna.
Perché la vera considerazione per gli infanti e il genere femminile non si fa a parole, lo si misura nei fatti.
Il comitato Salviamo le Cicogne