Silenzio a reti unificate sui punti nascita chiusi

Siamo sinceramente felici che il piccolo Romeo sia nato e stia bene nonostante il parto sia avvenuto in elicottero mentre portavano la mamma dal centro immigrati all’ospedale di Agrigento.
Crediamo che nascere in elicottero sia oltre che pericoloso anche molto stressante per la partoriente, sommando le doglie all’ansia e al trambusto del volo.
Se siamo felici per la mamma immigrata e per il neonato siamo però molto tristi per la cappa di ipocrisia e silenzio che da anni si consuma sulle mamme italiane da quando hanno tagliato i punti nascita in montagna.
Questa sera il TG3 ha dedicato 5 minuti di narrazione empatica e solidale per il parto della giovane mamma immigrata, un trattamento che non è mai stato dedicato alle mamme montanare che hanno partorito in ambulanza o sono state trasportate in fase di travaglio in elicottero, passate sotto il silenzio di Stato perché il taglio barbaro alla sanità compiuto in questi anni era una misura necessaria, addirittura protettivo per la loro salute!
L’obiettivo di tagliare il 30% dei piccoli punti nascita sancito con l’accordo Stato Regioni con la scusa di ridurre i tagli cesarei, è stato strategico per poi tagliare la sanità pubblica in italia. L’esistenza del punto nascita infatti obbliga l’esistenza di altri reparti in suo supporto quali la chirurgia, l’anestesia, la pediatria, la radiologia, il laboratorio d’analisi. Tagliando il punto nascita quei reparti possono così essere soffocati uno ad uno non rimpiazzando il personale in uscita e dirottando le prestazioni sanitarie su altri ospedali.
E così dopo le più vergognose bugie per giustificare l’azzeramento totale dell’assistenza al parto in tutta la fascia collinare e montana della Regione Emilia Romagna, le donne sono state trattate come pacchi per spedizionieri nel più totale e ipocrita silenzio dei media nazionali, dei sindacati, dei partiti di governo locale e dei loro supporter, tutti impegnati ad essere solidali con ciò che avviene fuori e lontano dal nostro cortile.
Noi Cicogne siamo niente e nessuno ma per noi le mamme della montagna sono le nostre eroine e le martiri di una ingiustizia tutta maschilista e schiava alle logiche del Partito, e per quanto insignificanti rispetto alla potenza di fuoco dei grandi uomini non molliamo e teniamo il punto: se prima quello che ci veniva rivolto era un no cocciuto, ora c’è una promessa di riapertura e statene certi, quando l’emergenza epidemia finirà saremo pronte a presentare il conto ai responsabili dei tagli alla sanità di questa Regione; per ora ci limitiamo ad augurargli una pronta guarigione.

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