Siamo molto preoccupati per la situazione della sanità pubblica reggiana, in particolare per la deriva in cui versa l’ospedale Sant’Anna di Castelnovo.
Non ci illudono i giochi di parole che farebbero del reparto di ortopedia di Castelnovo il polo principale della fusione con l’ortopedia di Scandiano, sono parole che andranno concretate con i fatti. E i fatti oggi dicono che il nostro reparto è rimasto con un solo ortopedico sui 4 previsti, ovvero con il 75% di medici in meno, mentre a livello provinciale la media è del -34%.
I ricoveri e gli interventi con degenza verranno destinati a Castelnovo o sarà l’ennesima beffa che verrà compiuta in campo dai professionisti? Ci inquietano poi le formule rituali con cui vengono celebrate le famose eccellenze della nostra sanità: “la stretta sinergia tra sistema sanitario e sistema politico reggiano per affrontare con coraggio i problemi”.
A noi sembra invece un patto di omertà per coprire una sanità allo sbando che per bocca degli stessi dirigenti richiederà non meno di cinque anni solo per attenuarla.
A fronte di una crescente domanda di prestazioni sanitarie si mettono in cantiere concorsi di assunzione oggi, mentre per spendere 45 milioni in mattoni per il MIRE tutto è già stato acquartierato prima della pensione di Nicolini.
L’esclusione dai tavoli della discussione dei gruppi consiliari della minoranza di Castelnovo e l’ostracismo manifesto che il sindaco ci riserva, ci lasciano intendere una visione del bene pubblico in chiave di proprietà privata della maggioranza. Avanti così: ma non sarà la prosa dei comunicati stampa o la creatività organizzativa di nozze celebrate coi fichi secchi che potrà coprire la deriva che da anni è stata riservata alla sanità pubblica e che a subirla maggiormente spetta ai residenti della montagna, perché lontani, perché minoritari, perché abituati, perché scarsamente difesi.
Sanità pubblica smontata pezzo dopo pezzo
